❝ Tecniche di Songwriting: analizziamo insieme un capolavoro senza tempo

In una piovosa giornata di Aprile del 1973, usciva in tutti i negozi di dischi per l’etichetta IT di Vincenzo Micocci, “Alice non lo sa”, il primo vero album di esordio di Francesco De Gregori.

Ad aprire il disco una canzone che rimarrà nella storia del cantautore e nel cuore di tutte le persone che l’hanno amata: “Alice”. Un brano semplice ed enigmatico che porrà la prima pietra stilistica sullo stile cinematografico, originale e letteralmente complesso del mondo di De Gregori.

 

“Alice” di Francesco De Gregori dal punto di vista musicale: l’elogio della semplicità”

Il brano da un punto di vista musicale è relativamente semplice e deve la sua bellezza alla delicatezza delle linee melodiche e a pochi appoggi su accordi ricercati e introspettivi che le conferiscono una sorta di eleganza. Non esistono trucchi o malizie da mestierante, a partire dalla scelta di iniziare il brano senza alcuna introduzione.

L’arrangiamento è affidato a una chitarra, suonata dallo stesso De Gregori, e un pianoforte suonato da Mimmo Locasciulli. Un ricercato disegno di archi, diretti dal Maestro Lugi Zito, si muove per tutto il brano per nobilitare e legare la trama sonora su cui la voce di Francesco appare particolarmente presente, quasi a voler porre l’accento sull’importanza del testo e la comprensione delle parole del racconto.

La struttura musicale del brano è lineare e molto articolata:

⇒ [Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello – Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello – Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello]

La presenza particolare di molti periodi è dovuta alla brevità degli stessi: dieci secondi per le strofe, venti per il bridge [che per la sua complessità è quasi un pre ritornello] e trenta per il ritornello: numeri così matematicamente perfetti da fare pensare ad un disegno stilistico governato da proporzioni auree.

La scrittura musicale, aldilà della apparente semplicità, è animata da periodi emozionali molto dinamici. Come questo tratto di canzone:

“E Lili Marlene, bella più che mai
Sorride e non ti dice la sua età
Ma tutto questo Alice non lo sa”

che in pochi secondi presenta:

1) Una apertura ariosa, costituita da due cellule sonore di domanda/risposta

Cinque note di “domanda”:

E Lili Marlene”

e cinque di “risposta”

“Bella più che mai”

2) Un ritorno armonico all’accordo base della canzone, che crea un effetto molto delicato:

“Sorride e non ti dice la sua età

3) Una conclusione del periodo perfetta, costruita con cinque note introduttive:

Ma tutto questo A-“

e cinque discendenti di chiusura, enfatizzate dal ritorno alla nota principale (Sol: sulla parola “Sa”) partendo da un accordo di Do minore che porta una nota di tristezza al percorso armonico.

 “-lice non lo sa” 

Nota:

[la tecnica di domanda/risposta segnalata nel punto 1, è un particolare modus di scrittura musicale -molto usato e presente in tantissimi, se non tutti, i brani di successo -dai Beatles agl’ultimi successi di Spotify – basato su una costruzione di due gruppi di note, in cui il primo gruppo (prima frase musicale) trasmette un senso di apertura, di incompletezza, di sospensione (domanda) e un secondo gruppo (seconda frase musicale) completa la struttura trasmettendo un senso di chiusura, completezza, fine.

La struttura musicale completa è molto efficiente da un punto di vista della comunicazione ed è costruita con le stesse regole che -in campo letterario-  caratterizzano la forma molto sintetica ed esaustiva di una breve domanda seguita da una breve risposta (quindi adotta lo stesso nome).

“Nel breve esempio riportato, siamo nuovamente di fronte a “pacchetti” musicali regolari, costruiti con gruppi quasi matematicamente perfetti dallo stesso numero di note”

“QUANTI” di energia emozionale e letteraria, se volessimo traslare i concetti su piani filosofici o scientifici”

Scelte matematiche e stilistiche sicuramente non programmate intenzionalmente da un autore straordinario come De Gregori –che si muove semplicemente sulla linea del suo talento naturale di scrittore– ma che contribuiscono sicuramente alla bellezza della canzone e della comunicazione.

” Soluzioni che ci ricordano di come anche la scrittura delle canzoni sia inscindibile dalla fondamentale bellezza delle proporzioni, sottolineata nell’ambito della pittura da opere come l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci o dal già citato numero Aureo”

De Gregori si basa principalmente su meccanismi emozionali quando, dopo un periodo musicale di strofa e bridge relativamente introspettivo,

1) apre improvvisamente il ritornello in modo radiofonico e solare;

l’effetto è ottenuto a livello armonico con un passaggio a due accordi di dominante e sottodominante e, a livello melodico, con un cambio di scrittura: mentre le strofe sono costruite su noti brevi -su una matrice quasi regolare di sedicesimi- il ritornello cambia marcia adottando note raddoppiate, frasi di ottave con chiusure in quarti:

Ma io non ci sto più

2) utilizza una sequenza discendente  di note, (che cadono in un accordo minore, trasmettendo un senso di serietà)

gridò lo sposo e poi

3) per poi ricrescere immediatamente con due rampe regolari di note ascendenti (che ripercorrono nuovamente le stanze sonore di sottodominante e dominante)

“Tutti pensarono dietro ai cappelli
“Lo sposo è impazzito oppure ha bevuto”

4) Per arrivare all’accordo principale alla fine delle noti ascendenti,  accompagnando l’ascoltatore all’apice del periodo musicale.

Qui la melodia rimane in equilibrio un brevissimo istante, per poi “planare” dolcemente su una chiusura riflessiva:

“Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa”

prende un attimo di respiro su un accordo inaspettato:

Non è così”

e si conclude  in un finale essenziale e musicalmente perfetto, nuovamente appoggiato sulla nota principale della scala (Sol).

 “che se ne andrà

Quanta grazia e quanti particolari celati in pochi istanti: De Gregori ci trasporta in un piccolo viaggio sonoro che riesce a toccare le corde dell’anima.

Ad ogni ascolto si svelano tecniche di scrittura multiformi, cambi di registro narrativo e melodico – che rincorrono gli stili di Bob Dylan e Leonard Cohen – costruite con accelerazioni e respiri, rampe ascendenti e discendenti, pause, maggiori e minori, ombre e luci;

modi di comunicare magistrali, che accompagnano l’ascoltatore in una sorta di ninna nanna ipnotica.

Perché il nostro cervello neuronale -la neocorteccia celebrale che si occupa di filtrare la realtà per inserirla in un contesto ragionato- sicuramente è in grado di identificare in modo inconscio questi schemi matematici, apprezzare la loro capacità di comunicazione pulita e lineare, ed attribuire un valore di grande bellezza al messaggio globale.

 

“Naturalmente, aldilà degli ingenui tentativi di descrivere i meccanismi di costruzione di un capolavoro, occorre sempre ricordare che le canzoni sono semplicemente scritte per essere ascoltate col cuore e la propria sensibilità”

 

Occupandomi da sempre di scrittura autorale, l’unica osservazione accademica che ho sempre sollevato su questo piccolo capolavoro di “Alice” è che, nella versione originale di De Gregori, l’ingresso del ritornello avviene un po’ troppo velocemente da un punto di vista di narrazione della storia, a 00:49 secondi.

Certo il contesto cantautoriale di quegli anni ha sicuramente influito nelle scelte del maestro, ma mi è sempre sembrata una imprecisione, vista dalla prospettiva pura della scrittura, anche se oggi -per le nuove scelte discografiche sempre più frenetiche-sarebbe ritenuto un accorgimento radiofonico.

Ho sorriso quindi, quando nel 2014 Francesco De Gregori e Ligabue hanno dato vita a una nuova versione di “Alice” eseguita con alcune modifiche, ma in particolare con un accorgimento nel punto di cui parlavo:

uno shift che ha traslato il ritornello verso una posizione temporale più avanzata della stesura globale, riequilibrando la narrazione della storia verso una forma più naturale.

La struttura del brano  originale:

⇒ [Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello– Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello – Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello]

Nella nuova versione De Gregori-Ligabue – è diventata:

⇒ [Intro, Strofa, Strofa, Bridge, Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello, Intro, Strofa, Strofa, Bridge, Ritornello, Coda]

Notate la posizione- evidenziata in grassetto- del primo Ritornello nelle due versioni:

dopo il primo Bridge, a 01:06 secondi, nella nuova versione il ritornello non viene eseguito e l’esecuzione passa direttamente alla terza strofa.

Comparirà poco prima dei due minuti- a 01:49 –molto in ritardo per gli standard discografici dove tutto deve accadere entro un minuto– ma in una posizione molto più naturale da un punto di vista della narrazione emozionale.

Naturalmente la lunghezza globale -anche per la presenza del doppio giro di accordi degli Intro- passa nella nuova versione di De Gregori & Ligabue dai tre minuti e mezzo dell’ originale ai quattro minuti e mezzo di quella nuova.

Ma i tempi discografici delle canzoni sono in fondo semplici trucchetti che vengono attuati per mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore e, nel contesto così bello ed eccezionale di un brano storico interpretato da due artisti famosi, sono totalmente inutili.

“Alice” è una canzone “dalle spalle larghe”, in grado di resistere al tempo e mantenere intatto il suo fascino anche “truccata” diversamente:

la nuova versione è infatti un 6/8 chitarristico: una veste sonora più vicina al mondo del Liga, che ruba un po’ di magia alle atmosfere sonore minimaliste dalla versione originale, ma continua ad esercitare il su fascino anche quando viene privata di piccoli dettagli. Come l’eliminazione del bellissimo Do minore sul passaggio  finale del ritornello, “Alice non lo sa“, sostituito da un più delicato (e meno introspettivo) rivolto di Re maggiore con basso di Fa diesis.

Nei miei workshop di scrittura amo ricordare che in “Alice” di De Gregori siamo di fronte a delle cellule sonore – le singole strofe, ritornelli, bridge – di bellezza tale da essere in grado di reggere la struttura sonora globale, e dare risultati efficienti, anche se presentate/assemblate in ordini diversi.

Provate a sequenziare in modo diverso i periodi e il risultato sarà sempre piacevole.

 

 

“Alice” di Francesco De Gregori dal punto di vista letterario:

un caleidoscopio di immagini e significati”

Da un punto di vista letterario “Alice” è un brano molto complesso, ricco di significati, citazioni, cambiamenti stilistici che sono oggetto ancora oggi di discussioni, anche se lo stesso De Gregori negli anni è intervenuto molte volte per spiegare il suo pensiero autorale sulla scrittura di questo brano di indiscutibile ed eterno fascino.

Come in un racconto felliniano, innumerevoli personaggi apparentemente distanti tra loro, si intrecciano nella storia e vengono descritti con una precisione cinematografica, moderna, asettica, pura. Con una visuale così distaccata da sembrare non coinvolgere emozionalmente la figura di chi la narra, come succede a volte con quelle voci narranti dei libri e dei film.

Alice, la protagonista; Cesare e il suo appuntamento sotto la pioggia con la sua bellissima ballerina; il mendicante arabo con il suo cancro nella testa che considera un portafortuna; la ignara Irene; Lili Marlene, la prostituta “bella più che mai”, che “non dice la sua età”; Lo sposo impazzito, la sposa e suo figlio; Il tram di mezzanotte, gli specchi, le sigarette, il sole e la luna, il mondo che gira senza fretta e naturalmente: i gatti, attori principali e importantissimi per l’immaginario collettivo di questo brano, la cui sola presenza rende originale l’incipit letterario del testo.

E’ la bizzarra miscellanea di questi elementi e personaggi (e delle loro storie apparentemente senza legami narrativi) a creare il fascino sospeso, di eterna attesa, di questo testo.

Un testo che contiene al suo interno riferimenti poliedrici come Carl Lewiss, l’interpretazione dei sogni di Freud, le illustrazioni di John Tenniel, l’Ulisse di Joyce, gli obblighi sociali, la moralità, l’America di Kerouak, le canzoni militari della prima guerra mondiale, il dadaismo di Tzara, la pop art di Andy Warhol, le delusioni sentimentali di un giovane Cesare Pavese, poeta preferito di De Gregori (è lui il Cesare della quarta strofa):

“E Cesare perduto nella pioggia
Sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina
E rimane lì a bagnarsi ancora un po’
E il tram di mezzanotte se ne va
Ma tutto questo Alice non lo sa”

E il suo “Amore ballerina” è – secondo una o l’altra delle versioni raccontate nei cinquant’anni di esistenza della canzone – Milly, una cantante del caffè-concerto “La Meridiana” di Torino o la sua musa ispiratrice, l’attrice americana Costance Dowling.

E’ De Gregori stesso, intervista dopo intervista, a svelare la silloge di elementi che fanno parte delle sue letture di quegli’ anni, che hanno contribuito inevitabilmente a creare lo stile visionario e al tempo stesso realistico di una canzone che continua a mantenere una dolcezza indecifrabile.

Siamo di fronte a una narrazione che rimane una sorta di luna park letterario dove a legare il tessuto narrativo è il  sottile filo rosso di Alice e suoi gatti.

E’ lei la voce narrante fuori campo, attraverso la quale De Gregori ci tele-trasporta in una precisa scena del film, nell’attimo stesso del racconto, così ingenua da essere incosciente di quello che accade nel mondo intorno a lei, come una bambina (l’ “Alice” di Carroll).

 

Accennavo prima, parlando della parte musicale, che la preziosità delle singole cellule melodiche di questa scrittura crea l’effetto -non comune- di poter assemblare in modo diverso i periodi della canzone senza perderne la bellezza globale; sequenze che hanno posizioni diverse dei periodi (strofe, ritornelli, bridge) danno sempre vita ad un risultato piacevole.

Anche per la parte letteraria ci troviamo di fronte a questa rara particolarità:

la storia raccontata da “Alice” è costituita da singole storie, piccoli quadretti d’autore che hanno una vita letteraria propria e possono esistere anche scorporati dal testo globale: provate a leggere il testo partendo dalla quarta strofa, a invertire finale e ritornelli e il brano manterrà la sua efficacia narrativa, senza perdere in alcun modo bellezza.

Che piccola meraviglia.

Naturalmente occorre evidenziare il fatto che questa non è una strategia programmata a tavolino, ma semplicemente il risultato di 1) poter mescidare singole parti sonore e letterarie di grande qualità e 2) giocare sulla tecnica scelta dell’autore di utilizzare un collage d’immagini diverse organizzate all’interno della cornice del racconto di un osservatore:

Alice e i suoi gatti, che diventano il “leit-motiv” del testo, l’hook letterario, il collante delle singole micro-storie letterarie della canzone, il cuore pulsante attorno al quale “gira” la storia della canzone.

Ma la vera grandezza di De Gregori è confessarci nel tempo, attraverso le sue dichiarazioni, interviste, concerti, che molte delle sue storie di cui siamo innamorati sono semplicemente il risultato di sperimentazioni di scrittura, senza formule di congiunzione precise, frutto di una visuale sperimentale, moderna – azzardata, per alcuni versi- che qualcuno ha accostato a quadri e poesie cubiste, astratte.

Dove l’incontro non predeterminato, non obbligato, di musica e parole – e la mancata ricerca di storie necessariamente compiute – ha dato vita ad un risultato letterario originale, che si presta a molte interpretazioni, magicamente superiore anche alle aspettative dell’autore stesso.

Del testo di “Alice”, a noi comuni mortali- incapaci di svelare ogni singola sfaccettatura della magia di questa canzone- rimangono la descrizione di un attimo, il senso di attesa, il fermo immagine di un racconto che non subisce gli effetti del tempo e continua ad affascinarci con i suoi personaggi bizzarri, folli e al tempo stesso comuni,

protagonisti ignari- perchè raccontati dalla visuale di una finestra di un palazzo- dolcemente ammalati di vicende terrene, tormenti, amore e quotidianità.

Forse “Alice non lo sa” ma ognuno di noi sa invece – ascolto dopo ascolto dal 1973- di trovarsi di fronte ad un capolavoro.

Grazie, Principe.

ALICE

“Alice guarda i gatti
e i gatti guardano nel sole
mentre il mondo sta girando senza fretta
Irene al quarto piano è lì tranquilla
E si guarda nello specchio e accende un’altra sigaretta
E Lili Marlene, bella più che mai
Sorride e non ti dice la sua età
Ma tutto questo Alice non lo sa
“Ma io non ci sto più”, gridò lo sposo e poi
Tutti pensarono dietro ai cappelli
“Lo sposo è impazzito oppure ha bevuto”
Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa
Non è così che se ne andrà
Alice guarda i gatti e i gatti muoiono nel sole
Mentre il sole a poco a poco si avvicina
E Cesare perduto nella pioggia
Sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina
E rimane lì a bagnarsi ancora un po’
E il tram di mezzanotte se ne va
Ma tutto questo Alice non lo sa
“Ma io non ci sto più”, e i pazzi siete voi
Tutti pensarono dietro ai cappelli
“Lo sposo è impazzito oppure ha bevuto”
Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa
Non è così che se ne andrà
Alice guarda i gatti e i gatti girano nel sole
Mentre il sole fa l’amore con la luna
Il mendicante arabo ha qualcosa nel cappello
Ma è convinto che sia un portafortuna
Non ti chiede mai pane o carità
E un posto per dormire non ce l’ha
Ma tutto questo Alice non lo sa
“Ma io non ci sto più”, gridò lo sposo e poi
Tutti pensarono dietro ai cappelli
“Lo sposo è impazzito oppure ha bevuto”
Ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa
Non è così che se ne andrà”

Francesco De Gregori © Universal Music Publishing Ricordi Srl.“.

 

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© L’analisi di “Alice”di Francesco De Gregori è di esclusiva proprietà intellettuale di

Gae Capitano @ Songwriting Academy 

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