“Una canzone scritta per Lucio Dalla, proposta alla selezione di Sanremo 1994 dal “Quartetto Italiano”, il noto gruppo vocale supporter ai concerti di Renato Zero, Alex Britti, Dolcenera, Paolo Vallesi, Spagna, Fiordaliso e tantissimi altri artisti.  Il videoclip ha partecipato al “Goodby Festival di Sanremo” con tutti gli artisti dell’edizione 94 ospiti di Piero Chiambretti al Pala Omnitel”

Molte volte mi sono ritrovato a pensare che la rete sia una sorta di memoria storica dove qualunque cosa fai -bella o brutta- rimane per sempre negli anni a venire.

L’eccezione che conferma la regola è la storia di questo straordinario gruppo vocale, uno dei migliori negli’anni in cui abbiamo lavorato insieme, di cui però le tracce rimaste in rete sono solo una piccolissima parte della loro bravura, esperienza e mole di concerti in cui facevano da supporter ad artisti famosi.

Ho sempre pensato il problema sia stata un omonimia con una nota formazione orchestrale degli anni 50 che portava lo stesso nome e operava in campo musicale di altro genere.

Il Quartetto Italiano – formazione vocale – è stata una bella realtà musicale.

Andrea Civa e Marisa Gatti per presenza scenica e qualità tecniche e timbriche, non avevano nulla da invidiare ai big di cui aprivano i concerti, e il gruppo era impreziosito dalla vulcanica presenza di Stefania Giustetto e la gestione manageriale di Luciano Sabadin, che sul palco portavano timbriche sonore contrastanti e completavano una macchina da spettacolo efficiente, collaudata, molto professionale.

Avevano tutti una grande presenza scenica e padronanza del palco, nonché un repertorio molto popolare. Belli da vedere e da ascoltare.

Negli anni 2000 li accompagnava sul palco la presenza di Tore Melillo, storico chitarrista professionista.

Sono stati uno dei gruppi più carismatici con cui ho avuto modo di lavorare e  il brano “Sabato notte” rimane uno dei brani più belli che ho scritto.

 

Riporto di seguito una intervista rilasciata nel 2015 che parla del brano:

Gae Capitano: il mio incontro con Lucio Dalla [La stampa]

“Sono molto affezionato a questa canzone. L’ho scritta in un solo giorno, in una sorta di ritiro mentale, dopo che mi avevano confermato un appuntamento al Teatro Colosseo di Torino con Lucio Dalla, in occasione di un suo concerto torinese, in un giovedì pomeriggio piovoso come in un racconto di Edmondo De Amicis.”

“Questa è la ragione dell’incipit lunatico, delle immagini visionarie e dei tratti a volte strafottenti del testo;  cercai di scrivere qualcosa che rientrasse nel suo modo particolare di vedere le cose e di dare alla linea musicale una struttura che avesse strofe non scontate e un ritornello arioso e radiofonico.

Il mitico Lucio era nel suo camerino quando mi portarono a conoscerlo: firmava documenti e ascoltava musica.

Dopo qualche frase di circostanza le persone dello staff ci lasciarono soli: “Allora scrivi?” disse, e parlammo di generi musicali, chitarre, del mio Mark1 Rhodes del 1973 e poi gli chiesi se potevo fargli ascoltare il brano che avevo scritto per lui.

Lucio inserì la musicassetta nell’impianto appoggiato su uno scatolone e ascoltò:

annuiva con la testa quando i passaggi musicali si facevano più intens , socchiudeva gli occhi e ogni tanto mi lanciava un’occhiata. Io mi ero seduto su una panca dello specchio da trucco, con le lampadine sul vetro come nei migliori film. E sudavo.

Al passaggio “Chissà se Dio- gli occhi stanchi e i capelli più bianchi -guarda mai giù qui al mondo, o anche stasera si è già addormentato davanti alla tv” sorrise.

La canzone finì: qualche secondo di silenzio – per me un’ eternità-  e Lucio mi chiese quali libri avrei bruciato e salvato se avessi dovuto scegliere nella notte dei cristalli; dissi che avrei salvato “Il Dio del fiume” di Wilbur Smith e bruciato “I malavoglia” di Verga. Il primo perchè mi aveva commosso e il secondo perchè non l’avevo mai sopportato, ma in realtà non ero preparato alla domanda e risposi la prima cosa che mi veniva in mente.

Rimase un po’ silenzioso, rileggendo il testo, poi – visto che mi ero presentato come chitarrista- mi chiese se una sala da ballo dove lui suonava da giovane esistesse ancora, “Il Principe” e mi raccontò qualche aneddoto di quando faceva il clarinettista quel locale fumoso. Qualcuno dello staff entrò, posò un caffè sul bancone e si sedette ad ascoltare. Ridevamo tutti e tutto sembrava molto familiare.

Sulla canzone non disse più niente.

Al primo momento di silenzio, rimisi a posto testo e cassetta in una busta (i cd masterizzati sarebbero arrivati qualche anno dopo) e mi congedai.

“Salutai Lucio con goffaggine, volevo abbracciarlo ma gli strinsi solo la mano:  mi disse un criptico “Continua a scrivere“, mentre la porta del camerino si chiudeva.

Qualcuno del suo staff mi portò fino al lato sinistro del palco dove c’erano i gradini per la sala e mi regalò i biglietti per la serata, nelle prime file.

“Sentivo la sensazione non essere stato all’altezza dell’occasione, ed ero un po’ confuso dalla contentezza e la consapevolezza di essere riuscito comunque a fare ascoltare una mia canzone a un autore che ammiravo da sempre.”

Mangiai qualcosa in un bar e poi ritornai a teatro per il concerto, bellissimo  come sempre:

Lucio era imprevedibile sul palco, spartano ed efficace al piano, anima e poesia allo stato puro quando ci regalava uno dietro l’altro capolavori di cui avevo consumato i dischi grazie a Rino, il tastierista della mia orchestra, più grande di me e dai gusti più raffinati dei miei, che i suoi dischi li aveva tutti.

Quando cantò “Anna & Marco” mi emozionai come la prima volta che l’avevo ascoltata e mi sentii un idiota per aver sognato anche solo per un attimo potesse mai piacergli una mia “canzonetta”.

Pensavo fosse un capitolo chiuso quella canzonetta.

Scoprirò più tardi che nel giro di due settimane Lucio aveva presentato il brano  a Samuele Bersani e Morandi: i quali, anche se non l’hanno fermato per i loro progetti -Samuele era già uno straordinario autore, molto personale, e il Gianni nazionale era concentratissimo in quel periodo a un album con tutti testi propri- non impedirono alla canzone di compiere il suo iter.”

“Grazie al benestare di Lucio,  “Sabato notte”  è approdata alle grandi case editrici musicali, continuando per alcuni mesi a circolare nell’ambiente fino a giungere nelle mani di un gruppo vocale che allora apriva la tournée “Voyeur” di Renato Zero: Il Quartetto Italiano.”

“Da lì in poi, una soddisfazione dopo l’altra. Grazie alla produzione e la direzione musicale di uno dei più grandi maestri piemontesi –Silvano Borgatta–  il brano ha iniziato la sua corsa discografica per la partecipazione al Festival di Sanremo.

Ci sperammo sino all’ultimo, perchè i consensi erano unanimi, e tutti gli addetti ai lavori erano entusiasti dal brano, ma non passò.

Certo, col senno di poi quella edizione fu davvero piena di talenti: basta guardare i nomi delle nuove proposte,  artisti che sarebbero diventati famosissimi, da Andrea Bocelli in poi.

 

Pur non riuscendo a rientrare in gara sul palco del Teatro Ariston, il video fu trasnmesso da Piero Chiambretti al Pala Omnitel, allora sede del mitico “Dopofestival”, nella serata con tutti i BIG finalisti di quell’edizione.”

Il Quartetto Italiano rimane ancora oggi una bellissima realtà musicale. Grazie ragazzi.

Il Quartetto italiano & Tore Melillo

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